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In fase di sperimentazione fino a fine marzo in 30 Comuni, il servizio online del cambio di residenza con Anpr sarà in seguito disponibile per tutti. Come funziona, le opportunità di miglioramento, il nodo dell’interoperabilità by design
“Esperta di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione
Project Manager — Digital Transformation
Ora che il subentro di tutti i Comuni in ANPR — l’Anagrafe Unica della popolazione Residente — è terminato (il 17 gennaio è subentrato l’ultimo Comune), dalla fine di gennaio è iniziata la sperimentazione del servizio online del cambio di residenza con 30 Comuni: questa fase durerà 8 settimane — quindi fino alla fine di marzo — per poi essere disponibile per tutti i Comuni italiani.
Il servizio è disponibile accedendo al portale di ANPR con le proprie credenziali SPID, CIE o CNS.
Dopo aver provato ad effettuare un cambio di residenza e leggendo la Guida per la Compilazione Cambio di Residenza, emergono alcune opportunità di miglioramento, soprattutto in ottica di interoperabilità.
Intanto le sezioni relative a:
sono giustamente autocompilate con i dati a disposizione di ANPR (vediamo sotto un esempio).
Nella sezione famiglia ci possono essere alcuni punti da valutare (vedi punto 3 della Guida Compilazione Cambio di Residenza, in cui si chiede di Inserire le informazioni circa la relazione di parentela ed il possesso di autoveicoli e patente di ciascun componente;
Al momento di inserire “Altri dati” viene richiesto:
Se in futuro ci sarà il completamento dell’Anagrafe scolastica con anche i dati dell’istruzione universitaria, sarà interessante ragionare in ottica di #interoperabilità by design e quindi domandarsi come e dove è possibile recuperare in maniera automatica le informazioni — in particolare sul titolo di studio — in modo da semplificare la compilazione.
Al punto 4 della Guida si trova la parte relativa all’indirizzo della nuova abitazione; quindi, occorre inserire l’indirizzo della nuova residenza. Nel caso di Residenza in famiglia esistente è necessario inserire anche le generalità di un componente della famiglia di destinazione.
Correva l’anno 2012 e il legislatore introdusse una modifica normativa “storica”, cioè il cambio di residenza “in tempo reale”: la novità sostanziale era costituita dal fatto che la nuova residenza doveva essere iscritta in anagrafe non al termine del procedimento (fissato in 45 giorni), ma entro 2 giorni dalla ricezione della domanda; in questo modo, si eliminavano i problemi dovuti al ritardo dei Comuni per la definizione della pratica.
Con l’occasione, il Ministero dell’Interno ha uniformato la modulistica, indicando anche i documenti che dovevano essere presentati nel caso di ingresso di stranieri (comunitari ed extracomunitari).
Con il DL 76/2020 — Decreto Semplificazione — sono state poi introdotte alcune modifiche al Regolamento Anagrafico (DPR 223/1989), introducendo la possibilità di presentare online la domanda di cambio di residenza, utilizzando la base dati costituita da ANPR.
È importante precisare che già l’avvento dell’Anagrafe Nazionale ha portato ad un cambio di definizione, nel senso che non esiste più il cambio di indirizzo all’interno del Comune e il cambio di residenza in un Comune diverso, ma — vista l’unicità della banca dati di riferimento — si parla di semplice “mutazione di residenza”.
I dati della nuova residenza possono essere inseriti in maniera guidata per Provincia, Comune, tipologia (Via/Piazza/Largo etc etc) e poi vi è un inserimento manuale per quanto riguarda il nome della Via e il civico (ed altri dati ulteriori). Questo non risolve il problema storico dei nomi delle vie, che saranno poi da bonificare in modo manuale da parte dell’operatore al momento della gestione della pratica.
Ad esempio, se si abita in Viale Montenero, la persona potrebbe inserire:
Sono modi diversi di rappresentare la stessa via, ma lasciare la libertà di inserimento comporta sempre errori a monte e quindi necessità di bonifiche manuali a valle, e questo è “dispendio di tempo inutile”.
La normativa prevede una base dati di interesse nazionale dedicata, e cioè l’Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane — ANNCSU, le cui specifiche tecniche geografiche sono state pubblicate di recente (Titolare: ISTAT e Agenzia delle Entrate). Il progetto è stato avviato un po’ di tempo fa: la speranza è che possa essere attivato a breve, in modo da permettere la condivisione e l’interoperabilità dei dati tra vari sistemi, tra cui anche ANPR.
Per quanto riguarda l’individuazione dell’immobile in cui si intende prendere la residenza — Punto 5 della Guida — si richiede di Selezionare la sezione “Immobile” per dichiarare il titolo che autorizza ad occupare legittimamente l’abitazione (proprietario, intestatario del contratto di locazione, ecc…);
Anche qui, il dato della registrazione dei contratti di utilizzo degli immobili è presente in una banca dati della PA, l’Anagrafe Tributaria (Titolare: Agenzia delle Entrate, base dati di interesse nazionale, come risulta dall’elenco pubblicato da AGID) e come tale dovrebbe/potrebbe essere resa accessibile per la verifica automatica dei dati di registrazione del contratto, evitando il controllo manuale dell’operatore o la consegna di allegati da parte del cittadino.
È prevista anche una sezione dedicata agli Allegati, per allegare il titolo di soggiorno necessario per risiedere in Italia; selezionare la sezione se hai necessità di allegare ulteriore documentazione utile alle verifiche dell’ufficio anagrafe.
Anche in questo caso esiste una banca dati dei permessi di soggiorno, consultabile a questo indirizzo, che corrisponde agli Archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo (Titolare: Ministero dell’Interno, identificata come base dati di interesse nazionale dall’art. 60 del CAD).
Sarebbe quindi possibile applicare le regole di interoperabilità — peraltro già pubblicate da AGID — leggendo il dato del permesso di soggiorno in maniera automatica, evitando di dover “Allegare una copia o scansione o pdf”, che peraltro è in netto contrasto con tutte le normative che prevedono il principio di autocertificazione (per lo meno dal 1968 ad oggi), oltre che del principio “once only”.
Dall’analisi sopra effettuata emergono alcune valutazioni, che prendono spunto soprattutto dal principio #onceonly declinato in #interoperabilità by design, che vediamo meglio di seguito:
Negli esempi sopra riportati sul cambio di residenza con ANPR, i principi once only e l’interoperabilità by design non sono stati utilizzati appieno, probabilmente perché si è in versione beta.
Speriamo che nel prossimo futuro il cittadino trovi ancora più dati già compilati (es. patente, o veicoli), e soprattutto non debba più inserire degli allegati (es. permesso di soggiorno).
Auspichiamo un uso massiccio del principio once only dopo la fase beta, perché genererebbe due cambiamenti culturali:
“Le basi di dati di interesse nazionale sono “basi di dati affidabili, omogenee per tipologia e contenuto, rilevanti per lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle Pubbliche amministrazioni e per fini di analisi. Esse costituiscono l’ossatura del patrimonio informativo pubblico, da rendere disponibile a tutte le PA, facilitando lo scambio di dati ed evitando di chiedere più volte la stessa informazione al cittadino o all’impresa” come indicato sul sito Agid.
Quindi il cambio di residenza online non è solo un’importante innovazione nello sviluppo di ANPR come portale di servizi al cittadino, ma soprattutto l’occasione per dare il via al processo di interoperabilità nel rispetto del principio once only.
Anche perché appena sarà disponibile e aperta in erogazione dei dati mediante API, ANPR (e il Ministero dell’interno come Titolare dei Dati), saranno probabilmente il più grande erogatore nazionale pubblico di dati e quindi possono generare un circolo virtuoso di interscambio informazioni.
Proseguendo nel percorso di interoperabilità dei sistemi, un altro aspetto importante è costituito dalla ricezione della pratica da parte del Comune: l’operatore comunale potrà visualizzare e gestire le dichiarazioni di residenza ricevute a partire da un’apposita funzione di ricerca disponibile nella sezione Utilità e notifiche dell’applicazione web di ANPR, ovvero sul proprio gestionale richiamando dei nuovi WS di ANPR che la propria software house avrà opportunamente integrato.
Tutti gli adempimenti previsti dalla normativa anagrafica e dalla legge n.241/1990 in materia di procedimento anagrafico (es. comunicazione di avvio del procedimento, provvedimento di irricevibilità, provvedimento di accoglimento dell’istanza, preavviso di annullamento, ecc.) dovranno continuare ad essere gestiti dai Comuni con le consuete modalità, eventualmente utilizzando il proprio gestionale integrato con ANPR.
Visto che ANPR non si occupa di conservazione dei documenti, sarebbe auspicabile anche che nel prossimo futuro ci possa essere una modalità con cui ricevere in maniera automatica sul protocollo la richiesta di cambio di residenza e poi inviare ai cittadini le notifiche correlate, eventualmente sull’app IO.
Queste azioni di comunicazione tra Comune e cittadino sono peraltro richieste anche dal Regolamento Europeo EU 2018/1724 (Single Digital Gateway), secondo cui le Pubbliche Amministrazioni competenti — per le procedure elencate nell’Allegato II, tra cui appunto il cambio di residenza — adeguano i propri procedimenti amministrativi alle specifiche tecniche di implementazione descritte, che diventeranno operative dalla fine di dicembre 2023.
In particolare, l’art. 6 prevede che “Le procedure di cui al paragrafo 1 sono considerate come interamente in linea quando:
Il requisito di cui alla lettera a) è soddisfatto dall’accesso con SPID, CIE o CNS, per gli altri requisiti invece ci aspettiamo sviluppi a breve, eventualmente sfruttando anche le integrazioni con i software gestionali utilizzati dal Comune
Articolo pubblicato su: https://medium.com/consorzioit/cambio-di-residenza-online-con-anpr-ecco-come-farlo-e-le-prospettive-di-sviluppo-4df07f659d52
Governance e attuazione della Missione 1 del PNRR, indirizzo dedicato alla digitalizzazione, è differente dai modelli operativi pensati per gli altri ambiti del Piano: gli enti potranno ottenere i fondi accedendo a bandi di gara e raggiungendo determinati KPI, le verifiche e la rendicontazione sono affidate al MITD
l modello di messa a terra della parte digitalizzazione (M1C1) del PNRR, derivante dall’esperienza del Fondo Innovazione, è di grande aiuto agli enti locali e la sua governance e attuazione sono molto diverse rispetto al resto del PNRR.
In un recente incontro organizzato da ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e dal MEF (Ministero Economica e Finanze) sul PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) indirizzato in particolare agli enti locali (comuni) di piccole dimensioni, tra le prime cose enunciate è stato detto che di M1C1 — digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA non si sarebbe parlato perché governato e rendicontato a livello centrale.
Dopo questa dichiarazione è emerso come la rendicontazione di tutte le altre misure (tranne M1C1) fosse stata semplificata in modo da rendere più agevole la rendicontazione dei progetti ad opera dei comuni verso il MEF (che poi a sua volta deve rendicontare all’Europa).
Indice degli argomenti
Su M1C1 il Ministero dell’innovazione tecnologica e transizione digitale (MITD) ha stabilito che la rendicontazione deve farla il MITD, mentre gli enti devono solo fare il lavoro di execution di quanto indicato, secondo le proprie specificità. I fondi verranno erogati sotto forma di voucher per finanziare alcune misure indicate in padigitale2026.gov.it, menù Misure, selezione Comuni, tipologia standard. La tipologia standard prevede che gli enti locali prenderanno dei fondi iscrivendosi al bando, raggiungendo degli obiettivi (KPI) in un tempo definito e quindi con semplicità compilando un form autodichiarativo su cosa hanno fatto. Quanto fatto viene verificato dal MITD non solo in sede autodichiarativa, ma controllando le piattaforme utilizzate per raggiunger egli obiettivi (es. pagoPA, app IO, SPID, CIE)
Il modello è probabilmente quello del Fondo innovazione 2021, dove gli enti hanno dovuto:
Ad esempio, la misura 1.4.3 Adozione PagoPA e App IO del PNRR potrebbe richiedere (lo sapremo nei prossimi mesi ):
Il MITD, inoltre, sapendo che la PA è “povera” di personale ICT e esperti di digitalizzazione per la fase di progettazione, nonché di “rendicontatori”, ha quindi preso in carico sia la fase di progettazione del cambiamento (definendo il percorso) sia la fase di rendicontazione (effettuandola per conto degli enti).
Nel resto delle misure (ovvero tutte tranne le M1C1), invece ogni ente potrà portare il suo progetto. Tale progetto verrà realizzato seguendo alcune linee guida indicate a livello di bando (che non è standard ma progettuale) ma può variare da territorio a territorio. Inoltre, è possibile che gli enti più strutturati sotto il profilo bandi e fondi possano essere più bravi (e quindi meritevoli o capaci) di ricevere fondi, mentre altri territori rimangano all’asciutto, per mancanza di competenze non tanto specifiche sulla progettualità quanto sulle fasi di monitoraggio fondi e rendicontazione.
La “povertà” di competenze degli enti locali è significativa se rapportata alle fasi di acquisizione e messa a terra di fondi. Questo si evince bene considerando le fasi di una progettazione e raccolta fondi che sono:
La carenza si nota principalmente nelle fasi:
Mentre nelle fasi di:
anche grazie al supporto degli uffici tecnico o dei di professionisti locali o mediante bandi di assegnazione dei lavori, gli enti sono più capaci di rispondere alle esigenze.
Questo spiega bene perché il MITD nell’M1C1 si è preso in carico tutti i punti indicati, da 1 a 6 (escluso 5), lasciando solo la fase di realizzazione agli enti locali. Probabilmente questo è il modo più efficiente per riuscire ad utilizzare al meglio i fondi del PNRR, sicuramente più facile da attuare nel mondo digitale che nel mondo fisico, del resto di efficacia testata con il Fondo Innovazione
La piattaforma PaDigitale2026.gov.it è stata realizzata dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale per gestire l’accesso ai bandi del PNRR per l’erogazione dei fondi previsti dal piano: vediamo in cosa consiste e quali documenti servono
Una piattaforma per i bandi PNRR associati al digitale realizzata dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale: è PaDigitale2026.gov.it. La roadmap prevede l’uscita dei bandi nella primavera 2022 e del resto, iniziano ad arrivare alcune informazioni che spiegano cosa servirà alla PA per partecipare all’erogazione dei fondi.
Vediamo quali sono i punti cui i fondi sono dedicati.
Prevede come prossimi passi la classificazione dei dati delle PA (entro Luglio 2022) su piattaforma resa disponibile dall’ACN (Agenzia CyberSicurezza nazionale) e successivamente invio del piano di migrazione al Cloud entro Febbraio 2022 al MITD.
Gli obiettivi di questo punto sono da comprendere nelle prossime settimane/mesi dal punto di vista concreto.
E’ probabile che richieda il completamento dell’adozione della piattaforma pagoPA (pagamenti digitali) ed IO per tutti i servizi.
E’ probabile chieda il raggiungimento del 100% dei servizi accessibili con SPID e CIE (eventualmente anche con CNS)
Adesione alla piattaforma delle notifiche (PDN) per tutti gli enti, per ridurre i costi di notifica e migliorare il tempo e il processo di notifica.
I passi da effettuare coinvolgono alcune piattaforme abilitanti come SPID, CIE e l’indice delle PA (ovvero IPA). Per partecipare agli avvisi sarà infatti importante che il legale rappresentante registrato su IPA si autentichi alla piattaforma con CIE o SPID, ovvero con identità digitale. Successivamente dovrà scegliere l’amministrazione di riferimento da una lista preselezionata dopo aver inserito una mail istituzionale.
Dopo la scelta, potrà visualizzare (e confermare o rettificare) i dati visualizzati dell’amministrazione scelta. Infine, completerà la registrazione. Visto che il legale rappresentante tipicamente sarà il firmatario della richiesta di finanziamento (ma solitamente non è il compilatore della richiesta stessa) è stato previsto di aggiungere dei collaboratori alla compilazione della domanda, in modo da evitare l’uso conto terzi di identità digitali.
I collaboratori saranno le figure più operative. Sebbene non specificato molto probabilmente l’aggiunta di collaboratori sarà effettuata mediante codice fiscale, permettendo loro di accedere al portale con SPID e CIE. Il legale rappresentante dovrà comunque essere l’unico firmatario della richiesta di finanziamento e dovrà effettuare questa firma (in forma cades — p7m) direttamente. Non è previsto che possa firmare la richiesta un collaboratore.
Per ricevere l’assegnazione formale del finanziamento sarà necessario richiedere un Codice unico di progetto (CUP). Il CUP è lo strumento cardine per il funzionamento del Sistema di Monitoraggio degli Investimenti Pubblici (MIP). Richiedere un CUP è obbligatorio per tutte le iniziative realizzate utilizzando risorse provenienti da bilanci di enti pubblici o di società partecipate, direttamente o indirettamente. Solitamente si parla di lavori, nel caso specifico viene richiesto anche per attività di digitalizzazione, quindi si spendono due parole a riguardo per chi non conoscesse il tema.
Il CUP è costituito da una stringa alfanumerica di 15 caratteri, come ad esempio: G17 H03 0001 30001. Il CUP è richiedibile mediante la piattaforma ad hoc realizzata dal CIPESS (Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica), grazie ad un percorso guidato. Il CUP è rilasciato al termine dell’inserimento di alcuni dati riguardanti il progetto d’investimento pubblico all’interno del Sistema. Tali informazioni, dette “corredo informativo”, comprendono essenzialmente la descrizione del progetto e l’individuazione delle sue caratteristiche salienti quali:
Le informazioni raccolte confluiscono in due banche dati interne al Sistema CUP:
Riassumendo quanto detto, per le prima fasi di finanziamento associate ai fondi di padigitale2026.gov.it servono:
Ipa compilato correttamente con i dati del legale rappresentante
Questo è solo il primo passo per l’avvio dell’utilizzo dei fondi individuati dal sito padigitale2026.gov.it, del resto è molto positivo che si inizi a parlarne e vengano anticipati i passi in modo che le amministrazioni possano prepararsi per tempo. Sarà poi importante capire se:
Articolo pubblicato su https://medium.com/consorzioit/pnrr-come-funziona-la-piattaforma-padigitale2026-ecco-come-accedere-ai-bandi-per-i-fondi-64ae043344
Consorzio Informatica e Territorio SpA è una società in-house e un centro di competenza territoriale per i Comuni soci. Si tratta di Comuni medio-piccoli tutti posizionati su territorio cremasco in provincia di Cremona.
Fin dal 2004, anno di fondazione ad opera dei Comuni che avevano compreso la necessità di avere un braccio operativo ict sul territorio, pur consapevoli di non poterlo avere singolarmente e interno, il suo compito si è evoluto dalla fornitura di hardware e soluzioni software di base, a servizi ict, fino all’attuazione del piano triennale cercando di implementarlo in modo uniforme sugli enti del territorio, intervenendo sui processi, sui servizi e sugli strumenti utilizzati.
Consorzio.IT svolge un ruolo di regia, coordinamento, controllo e monitoraggio degli ambiti di intervento quali : digitalizzazione, pianificazione, progettazione e realizzazione territoriale, innovazione e ricerca, evoluzione modelli organizzativi, e sviluppo progetti sovracomunali.
A questo scopo Consorzio.IT si pone come interlocutore unico verso tutti i fornitori di beni e prestazioni, diventando riferimento unico competente dei contratti necessari ai Comuni per erogare servizi alla cittadinanza.
I progetti innovativi consentono di ripensare i servizi esistenti in un’ottica di semplificazione e usabilità, ponendo il cittadino al centro (principio “cittadino first”).
Compito di Consorzio.IT è anche quello di valutare le opportunità e individuare le soluzioni più adeguate tenendo conto degli ambiti sopra definiti, in particolare digitalizzazione e territorio.
Fatturazione Elettronica T04ZHR3
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